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Ho appena conosciuto Maria Teresa Illuminato che mi dice: « Ho ideato delle scene per “I giganti della montana e Finale di partita “», e vorrebbe dieci righe per il suo catalogo delle proposte interpretative di Pirandello e di Beckett, tra cui ne vedrete anche voi di così limpide da sembrare tavole pitagoriche tradotte in cose.
La nostra MTI è sicula, giovane, perfino bella, e al contrario di me sa tutto sul surrealismo e su Parmenide, come dimostra tra l’altro nella rivista Terzo Occhio un suo avvincente saggio sull’ «amante» Beckett, con cui concorda che ormai il solo possibile sviluppo spirituale del mondo è in profondità», trivellare forse per sempre ancora di più nell’individuale, Beckett più Beckett più, Beckett più, disperatamente. Ma sono in un momento in cui non posso condividere queste idee illustri perché invece che al vuoto credo al pieno, non alla frantumazione dell’essere ma alla sua semplificazione, da tutti sfuggita per le responsabilità che ci si assume nel perseguirla. E la mia fiducia nella concretezza degli uomini è tale da diventare spesso insopportabile, non se ne salva uno, dal primo all’ultimo siamo giganteschi: non solo quelli su una montagna o che si giocano la vita con quel famoso colpo di dadi. Però è quasi impossibile agire di conseguenza nel dare un credito così assoluto. Sarebbe una rivoluzione sul serio. E chi ne trova il tempo? Noi anziani siamo finora, anche se non lo vogliamo, il rovescio della stessa medaglia che rifiutiamo.
Voi giovani, cara MTI, probabilmente potete invece cominciare senza aspettare God o Godot, l’aspettare è una vecchia dimensione. Sappiamo, sapete già tutto il necessario per ridare alla quantità la sua straordinaria determinante potenza, per non lasciarci influenzare troppo dal genio di questo o di quello. Figurati se non ci scappava un consiglio: scegli un uomo qualsiasi (negli ambienti culturali ti calunnieranno), sceglilo a caso, estrailo a sorte, e mettilo in scena, senza bisogno di cave trasteverine e di cave vaticane. Ne riparleremo, ora mi stanno chiamando a pranzo. Auguri conclusivi di usare il tuo visibile ingegno, la tua maturazione «storica» a destoricizzare la situazione. Orribile senza dubbio, ma il teatro ce ne informa fin dai secoli ateniesi in un modo meno orribile della realtà. Invece bisogna conoscerla per superarla, e si conoscerà (è il mio pallino) solo per impatti diretti; a evitarli politici e intellettuali continuano a darsi la mano. Infatti si potrebbe dire che non succede niente. Nel paese non succede niente. Non è mai successo niente. Conosco la obiezione: succede Beckett, succede Pirandello. Anche se è il caso di geni, non mi fregate più, non mi distraete più dai fatti. Comprendi che sono per la memoria volontaria.
Cesare Zavattini, sceneggiatore, giornalista, commediografo, scrittore, poeta e pittore italiano